Alla fine dell”800, in un delicato momento dell’occupazione ottomana di Creta, Stratis, Patasmos e Fanourios, di fronte alla salma di Manousakas, l’amico defunto, brindano alla salute di vivi e morti, come vuole la tradizione.
– Che ne dite ““ dice Fanourios mostrando il defunto ““ lo saltiamo?
– Perchè no? – Dicono Stratis e Patasmos come un sol uomo.
Sistemano il gonnellino alla cintura in modo da non inciamparsi coi piedi, sollevano il feretro e trasportano il morto davanti alla porta del cortile per avere più spazio.
– Io lo salto per primo ““ disse Fanourios ““ sono suo fratello. Corse alla porta d’entrata si sollevò e saltò. Saltò con tanta forza che la testa urtò l’architrave della porta. Ma lui non se ne accorse e si ritrovò al centro della sala comune.
– Io l’ho saltato ““ disse fieramente ““ tocca a te Stratis. Stratis prese slancio contorcendosi e il suo corpo sottile superò l’ostacolo con leggerezza, senza toccarlo; poi ricadde con agilità sulle punte dei piedi.
– A te, Patasmos ““ disse. Ma Patasmos perse improvvisamente il coraggio. Guardava l’impalcatura. Dove avevano recuperato trepiedi così alti?
– No, io non salto ““ disse tremando.
– Non hai vergogna Capetàn Patasmos? – disse Fanourios – sei cretese o no? Salta.
– Ti dico che non salto. Io suono la lira.
– Tu non rispetti dunque la morte, miserabile? E’ una vera offesa. E’ tutta qui la tua amicizia per Manousakas ? Salta! Patasmos si grattò il cranio calvo, si ricordò del grande affetto che provava per Manousakas e fu punto nel vivo. Allora decise di saltare e si mise a fare hop hop hop per farsi coraggio. Prese lo slancio e si precipitò sul morto, ma mentre stava saltando l’ostacolo gli parve alto come il soffitto. Le ginocchia si piegarono, si inciampò sul feretro, la bara si girò, il corpo rotolò per terra e Patasmos gli cadde sopra.
–Ci hai disonorati ““ disse Fanourios – Vai a farti fottere. E con un calcio lo spinse via.
– Vieni Stratis, aiutami.
Sollevarono il corpo, lo avvolsero nel suo sudario, lo rimisero nella bara e gli posero l’immagine di Cristo nelle mani.
– Non conta niente, vecchio fratello, non hai sentito male perchè sei morto ““ disse Fanourios accarezzando i capelli e la barba di Manousakas. Si abbassò, scelse la damigiana e divise le ultime gocce di raki. Poi si sedettero di nuovo attorno al morto e si misero a guardarlo. E mentre lo guardavano, chiusero gli occhi, le loro teste scivolarono sul petto e si addormentarono. (N. Kazantzakis, La libertè ou la mort, 1958, pag. 224-226).

Immagine tratta dal documentario ” Il ballo delle vedove, girato da Giuseppe Ferrara (1962). Il filmato è dedicato alle sopravvivenze in Sardegna dei riti curativi di origine nuragica contro la spossatezza e i disturbi causati da un insetto mitico chiamato argia o arza (una sorta di taranta). Terminato il girotondo eseguito all’aperto intorno al malato da sette vedove e sette vergini, ciascuna delle danzatrici si distacca dalla linea e supera con un salto il corpo della persona malata.
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