22. Il canto dei Merina del Madagascar secondo M. Bloch

da | Feb 18, 2018 | Senza categoria | 2 commenti

Nel suo studio sul canto magico del popolo Merina del Madagascar, M. Bloch afferma che non è possibile comprendere i simboli presenti in un rituale se prima non si analizza il mezzo di comunicazione privilegiato dal rituale stesso, sia esso un canto, una musica, una danza o un’immagine. I simboli non possono infatti essere completamente isolati dai processi rituali ed analizzati come semplici unità di significato, basandosi unicamente sul modello saussuriano significante/significato. Per comprendere un rituale è necessario considerare che la potenza logica del linguaggio dipende anche dalla forza creativa della sintassi. La sintassi è infatti un potente fattore di creatività e, quando viene articolata liberamente, è in grado di veicolare qualsiasi contenuto. Al contrario, se in un particolare linguaggio la sintassi subisce dei condizionamenti extra linguistici, la sua capacità di argomentare si riduce notevolmente, mentre la forza delle sue locuzioni risulta completamente trasformata. Come abbiamo già visto, la libertà sintattica e quella linguistica vengono limitate ogni volta che, come avviene nel rituale, è fatto un uso speciale, cioè formalizzato, del linguaggio. Ad esempio, l’uso della voce nelle cerimonie Merina da luogo a  tre diversi modi di cantare:

1- un’invocazione agli dei ed agli antenati, effettuata in forma di orazione recitata solo dagli anziani e caratterizzata dal fatto che: a) è una recita impersonale; b) viene impiegato un vocabolario arcaico e ristretto; c) viene adottata una particolare pronuncia; d) è presente una rigida organizzazione, predeterminata dalla tradizione, della struttura dell’intero discorso;
2 –  una formula magica  (intonazione) recitata ripetutamente dagli anziani con voce salmodiante ed accompagnata da grida ed alte urla non lessicali.
3 – Un canto ripetuto con insistenza, il cui ritmo, il fraseggio ed il tono sono prefissati e non alterabili.

Nel corso di questi canti il lessico quotidiano compare di rado, mentre vengono continuamente utilizzate espressioni arcaiche il cui significato non è più riconosciuto nemmeno dagli stessi utilizzatori, i quali sono convinti di parlare la lingua degli antenati. I moduli cantati e recitati dagli anziani Merina sono nella sostanza invariabili e non trasmettono informazioni differenziate, ma essenzialmente una singola informazione alla volta, la quale è considerata talmente importante da essere assicurata contro ogni incomprensione mediante una grande quantità di ridondanza. Per questo ciascun modulo non si sussegue logicamente, ma sequenzialmente, in modo che la ripetizione non può essere intesa come una semplice ridondanza, ma come un’esperienza totale, in grado di  coinvolgere l’intera comunità, unica possibilità per l’enfasi.

 

 

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2 Commenti

  1. Vittorio Volpi

    Citi il «modello saussuriano significante/significato» come sia qualcosa di superato. La lama discriminante introdotta da de Saussure è comunque servita a Bloch per fare un passo avanti, per distinguere significante da significato, e da qui stabilire le eventuali correlazioni, che se sono “arbitrarie” nel caso delle lingue naturali, possono non esserlo più, (cioè essere “analogiche”, “continue”), o esserlo altrimenti nel caso dei riti e dei miti.

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    • Gaudenzio Ragazzi

      Bloch dice chiaramente che non si possono comprendere i simboli di un rituale se prima non si studia il mezzo di comunicazione che viene utilizzato nel rituale. Una volta fatto questo – così dice – ” si scopre che i simboli non possono più essere compresi come unità di senso unicamente (unicamente) attraverso il modello saussuriano significante/significato. Applicando una forma di sintassi al linguaggio dell’arte rupestre ho verificato di persona che funziona proprio così. Grazie Vittorio, sei un grande.
      Gaudenzio

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