Se partecipiamo ad una messa cristiana veniamo introdotti in un percorso verbale e gestuale che possiamo far risalire alle origini della spiritualità occidentale. Infatti alcuni dei gesti compiuti dal sacerdote celebrante sono rimasti inalterati per almeno sei millenni, attraversando tutta la fase finale della Preistoria europea non perdendo nulla del significato originario nemmeno con la comparsa del Cristianesimo. Nella cultura figurativa paleocristiana, quella dell’orante è la posizione più naturale che l’uomo può assumere nel momento della preghiera, quasi a instaurare un intenso rapporto con il Signore. Questa interpretazione proviene direttamente da alcuni testi veterotestamentari: “Quando Mosè alzava le mani Israele era più forte, ma quando le lasciava cadere era più forte Amalek ” (Esodo, 17, 11); “Innalziamo i nostri cuori al di sopra delle mani verso Dio nei cieli” (Lamentazioni, 3, 41); “Alzerò le mani verso i tuoi precetti che amo, mediterò le tue leggi (Salmi, 118, 48); “Come incenso salga la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera” (Salmi, 140, 2): “Tutto il giorno ti ho chiamato, o Signore, verso di te protendo le mie mani” (Salmi, 138, 10); “Ho teso le mani ogni giorno a un popolo ribelle” (Isaia, 65, 2).

“Assumendo la posizione dell’Adorante l’individuo si identifica con l’axis mundi. I suoi piedi toccano la terra, le sue braccia sono alzate al cielo, egli si trasforma in un mediatore delle loro contrappoÂsizioni (Arturo Schwarz).
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