Il caro amico Vittorio Volpi, grande esperto della civiltà greca ed autore del famoso Dizionario delle Opere Classiche (Editrice Bibliografica, 3 voll., 1994), mi informa di essersi imbattuto in un epigramma dell’Antologia Palatina (VI 220) nel quale Attis, figlio della dea Cibele, dopo essersi rifugiato di notte in una grotta, viene inseguito e assalito da un leone e riesce a spaventarlo percuotendo il suo tamburo.
«Mentre, muto, rimaneva in preda all’orrore,
un impulso divino mosse il braccio sul suo tamburo .
Ecco che al cupo muggito, più svelta del cerbiatto
la fiera più ardita di tutte non sostenne
quel grave rimbombo e volse in fuga.
Quell’altro gridava: «Madre, qui, sulle rive del Sangario,
una cappella per questa salvezza ti dedico, e questo
rombo sonoro che fugò la belva».
rombo sonoro che fugò la belva».
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