Il guerriero, di fronte e profilo

da | Set 10, 2018 | Senza categoria | 0 commenti

naquane r50

Sulla roccia nr. 50 di Naquane (Capodiponte, Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, rilievo CCSP) due guerrieri armati di spada corta e piccolo scudo, adornati con gonnellino rituale ed elmo frangiato, danzano intorno (o combattono di fronte) ad un altro guerriero che tiene le braccia sollevate ed impugna una lunga spada da battaglia e uno scudo rotondo in atteggiamento di tripudio. Nell’arte rupestre dell’Età del Ferro (VII- IV/III sec. a.C.) sono migliaia le coppie di guerrieri che si affrontano in duello, ma solo in un numero limitato di casi tra i due guerrieri, o nei loro pressi, è rappresentato un ulteriore elemento (antropomorfo, uccello acquatico, coppella o altro) che, come abbiamo già visto, indica in termini figurativi la relazione cosmologica esistente tra l’immagine e il supporto che la ospita. Il comportamento ritmato e incruento dei guerrieri conferma che non è in corso  uno scontro bellico, tant’è che nell’intero repertorio camuno solo un numero davvero esiguo di guerrieri risulta raggiunto da colpi di spada. La scena della roccia 50 offre spunti di riflessione di notevole interesse. In primo luogo troviamo qui la conferma di una regola generale: in ogni fase dell’Età del Ferro (VII-III sec. a. C.) i guerrieri che si fronteggiano sono senza eccezione ritratti di profilo. Al contrario, il personaggio centrale risulta sollevato (come sospeso in aria) rispetto al piano di appoggio dei danzatori e ogni dettaglio corporeo (la testa, le  braccia, il busto, gli arti inferiori) esprime una visione frontale, fatto che inserisce questa figura in una diversa categoria di esseri, quella super umana. Seguendo un’intuizione del grande Silvio Ferri (Ferri 1972),  alcuni anni fa ho presentato un’ipotesi (G. Ragazzi, 1994), secondo la quale il guerriero al centro della scena è l’eroe ucciso in battaglia che  assiste ai rituali in suo onore. Siamo di fronte a quella che Berard chiama scena di “Anodos“,  la risalita dal mondo inferiore attraverso un “passaggio ctonio” (C. Bèrard, Anodoi. Essai sur l’imagerie des passages chthoniens, 1974) che mette in  collegamento il “sotto” e il “sopra”.

Importanti studi iconografici (in particolare Vernant, La morte negli occhi, 1985) hanno rimarcato come anche nell’immaginario della Grecia antica esprimere la frontalità significa porre l’umano faccia a faccia con una entità di natura divina – si pensi allo sguardo mortale della Medusa – e rendere tangibile “l’alterità radicale della morte”. In questo senso “la frontalità esprime in modo sorprendente questa posizione di trapasso e forse anche l’ambivalenza tragica della morte gloriosa che sottrae il combattente all’umanità” (Frontisi-Ducroux in La città delle immagini, 1986, 137). In base a queste premesse il guerriero rappresentato in posizione frontale è l’eroe ucciso in battaglia, eternato nell’istante in cui, dopo essere risalito dal mondo dei morti, assiste ai giochi funebri organizzati in suo onore.

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